Attacco di panico
L’attacco di panico può essere definito come un periodo preciso di intensa paura che si sviluppa improvvisamente e raggiunge il suo picco in circa una decina di minuti. È accompagnato da almeno quattro dei seguenti sintomi:
Se gli attacchi di panico sono ricorrenti e inaspettati e la preoccupazione per un nuovo possibile attacco persiste per oltre un mese si può parlare di disturbo di attacchi di panico.
- dispnea
- vertigini
- palpitazioni
- tremori
- sudorazione
- sensazione di asfissia
- nausea
- dolori addominali
- depersonalizzazione
- torpore
- formicolio
- vampate di calore
- brividi
- dolore al petto
- paura di morire
- paura di impazzire o di perdere il controllo
Se gli attacchi di panico sono ricorrenti e inaspettati e la preoccupazione per un nuovo possibile attacco persiste per oltre un mese si può parlare di disturbo di attacchi di panico.
L'agorafobia
L’agorafobia è l’ansia relativa all’essere in situazioni o luoghi dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali può essere difficile ottenere aiuto nel caso di un attacco di panico inatteso o situazionale (es. allontanarsi da casa, stare da soli, viaggiare in autobus, treno o aereo, trovarsi in galleria o in autostrada, fermi ad un semaforo o nel traffico cittadino, sui ponti, in luoghi isolati o in luoghi troppo affollati, in fila al supermercato, in banca, in posta o dal parrucchiere, ecc… ).
Il disturbo di attacchi di panico è spesso, ma non necessariamente, associato all’agorafobia, mentre l’agorafobia senza attacchi di panico è meno frequente, in quanto molto spesso sono presenti crisi d’ansia, che però non raggiungono il numero dei sintomi o l’intensità prevista per fare una diagnosi di disturbo da attacchi di panico.
Talvolta, è sufficiente anche un solo attacco di panico per sensibilizzare una persona rispetto ai segnali dell’ansia portandola a sviluppare una vera e propria paura della paura (nota in letteratura scientifica come anxiety sensitivity) capace di scatenare un nuovo attacco di panico.
Per queste persone la “paura di stare male” (spesso riconducibile alla “paura di morire” per un attacco di cuore o alla “paura di impazzire o di perdere il controllo”) è tale che, anche la presenza di un solo sintomo dell’ansia (es. vertigine, tachicardia, ecc.) sia interpretato come gravemente minaccioso per la propria integrità fisica o mentale, tanto da reagire di fronte a tali segnali in modo eccessivamente ansioso. La risposta ansiosa con la sua attivazione neurovegetativa spaventa a sua volta la persona innescando un vero e proprio circolo vizioso che può condurla in breve tempo a sperimentare un attacco di panico.
Spesso la persona che soffre di attacchi di panico tenta di controllarli mettendo in atto una serie di comportamenti protettivi (ad esempio, inizia a respirare molto rapidamente) che nella maggior parte dei casi peggiorano la situazione amplificando le sensazioni del panico (l’iperventilazione, ad esempio, può peggiorare le sensazioni di vertigine, disorientamento e confusione).
La paura della paura, insieme agli effetti indesiderati dei comportamenti protettivi, è perciò in buona misura responsabile della comparsa di nuovi attacchi di panico e, in definitiva, dello sviluppo e mantenimento del disturbo.
Inoltre, all’intensa e persistente preoccupazione che l’attacco possa ripresentarsi segue spesso l’evitamento di situazioni (quali ad esempio, luoghi affollati, mezzi pubblici, code, ecc.) in cui non sarebbe disponibile aiuto o da cui sarebbe difficile allontanarsi in caso di un attacco di panico (agorafobia).
Gli evitamenti contribuiscono a rendere ancora più problematico il quadro e svolgono un ruolo primario nel mantenimento del disturbo precludendo di fatto alla persona di verificare, attraverso l’esposizione ad esperienze correttive, la fondatezza delle proprie preoccupazioni.
Il disturbo di attacchi di panico è spesso, ma non necessariamente, associato all’agorafobia, mentre l’agorafobia senza attacchi di panico è meno frequente, in quanto molto spesso sono presenti crisi d’ansia, che però non raggiungono il numero dei sintomi o l’intensità prevista per fare una diagnosi di disturbo da attacchi di panico.
Talvolta, è sufficiente anche un solo attacco di panico per sensibilizzare una persona rispetto ai segnali dell’ansia portandola a sviluppare una vera e propria paura della paura (nota in letteratura scientifica come anxiety sensitivity) capace di scatenare un nuovo attacco di panico.
Per queste persone la “paura di stare male” (spesso riconducibile alla “paura di morire” per un attacco di cuore o alla “paura di impazzire o di perdere il controllo”) è tale che, anche la presenza di un solo sintomo dell’ansia (es. vertigine, tachicardia, ecc.) sia interpretato come gravemente minaccioso per la propria integrità fisica o mentale, tanto da reagire di fronte a tali segnali in modo eccessivamente ansioso. La risposta ansiosa con la sua attivazione neurovegetativa spaventa a sua volta la persona innescando un vero e proprio circolo vizioso che può condurla in breve tempo a sperimentare un attacco di panico.
Spesso la persona che soffre di attacchi di panico tenta di controllarli mettendo in atto una serie di comportamenti protettivi (ad esempio, inizia a respirare molto rapidamente) che nella maggior parte dei casi peggiorano la situazione amplificando le sensazioni del panico (l’iperventilazione, ad esempio, può peggiorare le sensazioni di vertigine, disorientamento e confusione).
La paura della paura, insieme agli effetti indesiderati dei comportamenti protettivi, è perciò in buona misura responsabile della comparsa di nuovi attacchi di panico e, in definitiva, dello sviluppo e mantenimento del disturbo.
Inoltre, all’intensa e persistente preoccupazione che l’attacco possa ripresentarsi segue spesso l’evitamento di situazioni (quali ad esempio, luoghi affollati, mezzi pubblici, code, ecc.) in cui non sarebbe disponibile aiuto o da cui sarebbe difficile allontanarsi in caso di un attacco di panico (agorafobia).
Gli evitamenti contribuiscono a rendere ancora più problematico il quadro e svolgono un ruolo primario nel mantenimento del disturbo precludendo di fatto alla persona di verificare, attraverso l’esposizione ad esperienze correttive, la fondatezza delle proprie preoccupazioni.
La psicoterapia cognitivo comportamentale per gli attacchi di panico
La psicoterapia cognitivo comportamentale è un trattamento di comprovata efficacia sperimentale nella cura del disturbo di attacchi di panico “con” o “senza” agorafobia.
Importanti ricerche affermano che l’efficacia sia equivalente e talvolta superiore a quella dell'intervento farmacologico, senza considerare che l’uso del farmaco induce spesso a pensare che ogni risultato e miglioramento sintomatico sia da attribuire al farmaco e non a se stessi.
Si tratta di un tipo di psicoterapia in cui il paziente e lo psicoterapeuta sono attivamente impegnati nella comprensione del problema e nella condivisione di obiettivi terapeutici concreti e verificabili.
Nel corso del trattamento lo psicologo - psicoterapeuta aiuta la persona a prendere consapevolezza del circolo vizioso del panico e a disinnescarlo gradualmente attraverso l’acquisizione di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali.
La psicoterapia cognitivo comportamentale per gli attacchi di panico con agorafobia prevede due obiettivi:
Importanti ricerche affermano che l’efficacia sia equivalente e talvolta superiore a quella dell'intervento farmacologico, senza considerare che l’uso del farmaco induce spesso a pensare che ogni risultato e miglioramento sintomatico sia da attribuire al farmaco e non a se stessi.
Si tratta di un tipo di psicoterapia in cui il paziente e lo psicoterapeuta sono attivamente impegnati nella comprensione del problema e nella condivisione di obiettivi terapeutici concreti e verificabili.
Nel corso del trattamento lo psicologo - psicoterapeuta aiuta la persona a prendere consapevolezza del circolo vizioso del panico e a disinnescarlo gradualmente attraverso l’acquisizione di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali.
La psicoterapia cognitivo comportamentale per gli attacchi di panico con agorafobia prevede due obiettivi:
- bloccare gli attacchi di panico e la loro interferenza con la vita dell’individuo,
- ridurre gli evitamenti agorafobici, l’ansia anticipatoria, l’ansia scatenata dalla esposizione, riducendo la vulnerabilità stessa al disturbo.
- l’attenzione selettiva sulle sensazioni corporee
- i comportamenti protettivi associati alla situazione
- gli evitamenti delle situazioni ritenute minacciose